martedì, novembre 11, 2008

La ricerca della felicità

E' assurdo come le pagine restino bianche quando, interiormente, si è sereni.
Forse è vero che i grandi scrittori si potevano ritenere tali perché erano (sono) in qualche modo "disturbati" o comunque tormentati.
Il dolore, la sofferenza, il malessere conducono alla riflessione.
E la riflessione conduce - per lo meno in me - al bisogno di scrivere ed esternare le mie emozioni.
La serenità crea una sorta di "apatia artistica" che conduce alla mancanza di ispirazione, o semplicemente alla non-necessità di scrivere.
Forse questa condizione presuppone banalmente che non ci sia nulla da dire, nulla da comunicare o elaborare con la scrittura.
Ho lavorato su me stessa e sono riuscita a trovare una serenità, un equlibrio che da molto cercavo.
E non ho fatto tutto da sola.
Grazie.
Per questo e per molte altre cose (a chi? è superfluo dirlo).
Ma se questo mio benessere ha provocato in me un'aridità creativa...
Beh, forse preferisco soffrire.
E' in questo che risiede la differenza tra l'Uomo e il Super-uomo (secondo la mia filosofia, che non ha nulla a che fare con Nietsche):
c'è chi è felice e chi ricerca la felicità.
Io la ricerco.
Sempre.
Anche quando mi sembra di averla trovata.
Perché smettere di cercare equivale a morire.
Ed io mi sento viva, come mai prima d'ora.

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