mercoledì, gennaio 30, 2008

sabato, gennaio 26, 2008

La mia recensione

Questi sono i film che amo vedere. Quelli che lasciano il segno. Che ti fanno pensare. Che ti fanno analizzare tutta la tua vita e il tuo sistema di valori; la vita per come sei abituato a viverla, perché è così che la conosci, ci sei nato dentro.
Perché un essere umano può arrivare al punto di rinunciare a tutto quello che ha ed andarsene per vivere in solitudine? Non mi so rispondere. Eppure a volte sento anche io questa spinta. Perchè ho perso la mia capacità infantile e naif di godere delle piccole cose e sono sempre alla ricerca di più, di più, di più. E questa ricerca a volta mi strazia.
Eppure la mia più grande paura è quella di restare sola (figurativamente parlando)... ma nonostante tutto la solitudine mi attrae come una calamita e mi rendo conto che può essere curativa e ti può aprire gli occhi su molte cose.
Io credo che Sean Penn abbia fatto un lavoro egregio trasformando in immagini la storia così delicata di un ragazzo problematico. Un ragazzo problematico che è un archetipo del giovane "pensante" che vive nella nostra società, quella di oggi. In fin dei conti il film è ambientatato nei primi anni '90, quindi 15 anni fa e le cose allora non erano molto diverse. la nostra dipendenza dai beni materiali, dalla tecnologia, dalle comunicazioni in genere.
Una riflessione sul mondo e sui rapporti umani, sul bisogno dell'essere umano di relazionarsi agli altri. Del potenziale che ognuno di noi ha dentro sè stesso. Un film sull'amore. Ma nel senso universale del termine. Un film deciamente da vedere. E da rivedere.
Ottima la colonna sonora. Un abito perfetto.
Ottimi gli espedienti del regista per creare immedesimazione da parte dello spettatore.
C'è stato un momento in cui pensavo che il mio cuore sarebbe scoppiato...
Prossimo passo: lettura del libro. Doverosa.

INTO THE WILD


Per chi volesse vedere questo film (lo consiglio vivamente) non legga tutta la recensione ma si limiti al primo paragrafo evitando la trama dettagliata.



Viaggio "on the road" verso l'Alaska nel bel film di Sean Pennsul valore della solitudine che fu presentato alla Festa di Roma


"Into the wild", il mito americanonell'incontro tra uomo e natura selvaggia


di ROBERTO NEPOTI


"Into the wild", il mito americanonell'incontro tra uomo e natura selvaggia"

Ci sono storie dove i personaggi restano uguali a se stessi dall'inizio alla fine; altre, nel corso delle quali evolvono e, insieme, evolve l'opinione che ci facciamo di loro. Ricade nel secondo caso Into the wild, il "film di formazione" diretto da Sean Penn che ci sorprese e ci emozionò alla Festa del Cinema di Roma. A partire da una vicenda autentica, trascritta nelle pagine del libro "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer, Penn si confronta direttamente col mito originario americano: l'incontro tra l'uomo e la natura selvaggia. Crea, a sua volta, un mito contemporaneo nel protagonista, giovane uomo dalla personalità al confine tra eroismo e fragilità, nevrosi e ricerca della purezza; un "picaro" dell'anima nipote elettivo dei cavalieri erranti della Beat Generation. Fa di più: osa realizzare un film sul valore della solitudine in un tempo che avverte la solitudine come il massimo pericolo, tanto da esorcizzarla di continuo con i telefonini, o con la "rete".



All'inizio degli anni 90, il neolaureato Christopher McCandless dà quel che ha in beneficenza e parte per un lungo viaggio, autentica performance dell'anima per la quale assume un nome d'arte: Alexander Supertramp, il Supervagabondo. Oltreché dalle pulsioni di libertà e anarchismo, è spinto a partire dal rifiuto della famiglia d'origine: cellula di giudizio e controllo sociale, di odio latente, di perfetta infelicità; tanto più spaventosa perché accettata come norma e condizione naturale. Tra Nuovo Messico, Arizona, Sud Dakota, su su fino alle nevose solitudini dell'Alaska, l'itinerario marca una serie d'incontri con l'altro, occasioni di conoscenza e comprensione anche reciproca. Alex s'accompagna a una coppia di hippies, la cui vita non è tutta rose e fiori; lavora in un'azienda agricola, diventando amico di un tale ricercato dalla polizia; flirta con una giovanissima cantante folk; incontra un vecchio eremita, che vuole adottarlo. Già di per sé, intraprendere una tale pista equivale a confrontarsi con la mitologia fondativa della cultura americana, dai pionieri che affrontarono per primi le terre incognite a Thoreau, da London a Kerouac.
Tappa dopo tappa, però, il viaggiatore s'immerge sempre più nella solitudine, fino a sfidare le stesse possibilità di sopravvivenza: la wilderness è libertà e verità, ma rappresenta anche il rischio e la minaccia ultima. In una scena ai limiti del sublime Alex, ormai stremato dalle privazioni, si trova di fronte un gigantesco orso bruno: forse affamato quanto lui, eppure non minaccioso. Qui Penn dà forma definitiva al mito dell'incontro tra due creature libere nel Paradiso Perduto, nostalgia lacerante di un'intera cultura tuttora in lutto per la perdita dell'innocenza e che, promotrice della "civiltà", ad essa annette un irredimibile senso di peccato. Sereno e dolente, stoico e consapevole insieme, refrattario al "nostalgismo" come al manierismo, lo sguardo della macchina da presa annette di diritto Penn - accanto a Clint Eastwood, Paul Haggis e pochi altri - alla pattuglia transgenerazionale di cineasti capaci di raccogliere la grande eredità del cinema classico americano.


Appropriate le canzoni di Eddie Vedder dei Pearl Jam.


INTO THE WILD Regia di SEAN PENN Con E. HIRSCHT, WILLIAM HURT, M. GAY HARDEN



Da "Repubblica"

25 gennao 2008

mercoledì, gennaio 23, 2008

E' tutta una prova

Ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo della mia vita sono costretta ad affrontare una nuova prova.

Forse è Dio che vuole verificare la mia forza, la mia capacità di sopravvivere alle difficoltà.

Vuole forse capire se merito il Paradiso oppure se sono destinata a finire all'Inferno?

O forse tutto questo serve solo a me stessa, per farmi capire che posso superare tutto,
utilizzando le mie riserve di pazienza e il mio disederio di felicità!
Quando tutto intorno a me vedo solo desolazione, mi rendo conto di essere ricca dentro e di essere totalmente in pace con me stessa e le scelte che ho preso nella mia vita...
Il mio errore è sempre stato quello di guardare troppo indietro, e troppo poco avanti.
Ora ci sto provando e mi sto realmente impegnando per riuscirci.

sabato, gennaio 19, 2008

Diario di una Degenza

domenica 13 gennaio 2008
ore 10.50 a.m.
Eccomi qui, nella mia stanza di ospedale distesa sul mio scomodissimo letto, compagno di sventure e depositario di tutti i miei sospiri e dei miei pensieri senza fine. Sono ormai trascorsi due giorni e mezzo dal mio ricovero. Ho superato le mie prime 3 notti da "degente".
Ho una compagna di stanza perfetta: una signora sui 75 che non parla mai se non quando le rivolgo io la parola… Ieri mi sono addirittura trovata a cercare di tirarla su di morale perché mi sembrava un po’ sul depresso (effettivamente prende psicofarmaci non a caso…). IO che tiro LEI su di morale. In fin dei conti lei ha 75 anni (questo è quello che io deduco) e ha vissuto una vita. E’ normale ammalarsi a quell’età, no? Ha una figlia e un genero che vengono a trovarla un giorno sì e uno no insieme al nipotino di 9 anni. Abitano lontano e non possono lasciare il nonno solo a casa, altrimenti sarebbero qui più spesso. Ho visto l’amore e la preoccupazione negli occhi di sua figlia. La mamma è sempre la mamma si dice… anche se un po’ anzianotta e malridotta!
Io invece ho 27 anni: il fiore degli anni, dicono… Eppure sono qui.. Che cerco di farmi passare il tempo, in un modo o nell’altro. Credo (e spero) di poter affermare di aver superato la fase di depressione acuta dei primi 2 giorni… Ho smesso di piangere per una cosa e ho cominciato a farlo per un’altra… Ma ora mi sento un po’ meglio. Se potessi star sempre distesa forse sarebbe tutto più facile… leggerei sempre e, in questo modo, potrei far passare il tempo in uno dei modi che più preferisco. Invece devo camminare e quindi mi ritrovo a girare per i corridoi dell’ospedale con in mano la mia bustina-portacellulari con i teschi – ormai consunta - con dentro l’i-pod… Il cavetto degli auricolari che fuoriesce dalla chiusura fino ad arrivare al mio orecchio destro; l’altro auricolare che pende e che, ad ogni passo, rimbalza contro il mio torace.
Otis Redding, Joni Mitchell, Sam Cooke, Jeff Buckley e i Beatles sono e saranno per sempre ricordati nella mia memoria come "la colonna sonora della mia malattia", alternati a qualche piccolo intramezzo di vario genere.
Ho appena finito di leggere il mitico libro regalatomi dalla mia amica Gaia: I’m with the Band. Confessioni di una Groupie di Pamela Miller Des Barres. Mi sento totalmente immersa in quell’atmosfera: gli anni ’60 e ‘70. Ascolto la musica che i suoi genitori ascoltavano e che, dopo di loro, lei stessa ascoltava…
Cammino sola lungo i corridoi vuoti del luogo della mia reclusione e mi sento strana. Non mi sento sola. Mi sento strana. Mi sento una sessantottina che si rivolta contro il sistema (le nazi-suore dell’ospedale mi ricordano perché odio l’Istituzione Chiesa) se non fosse che ci sono i cellulari e il pc a ricordarmi che vivo nel 21esimo secolo…
Il buon vecchio James Redfield (autore di uno dei miei libri preferiti, La Profezia di Celestino) mi ha insegnato che nulla accade per caso. Non a caso Gaia mi ha regalato questo libro poco prima del mio ricovero, e non a caso ho quasi rischiato di morire… Non a caso il 2008 è iniziato con una svolta totale nella mia vita che, se apparentemente può sembrare negativa, forse (forse…) mi porterà qualcosa di buono che dovrò essere in grado di riconoscere e sfruttare.
Leggendo il libro in questo mio triste e difficile primo periodo di reclusione, ho capito quanto io non abbia vissuto nella mia vita. Ho capito quanto mi sia attaccata sempre alle cose sbagliate, le cose effimere, dimenticando di godermi ogni istante della mia vita. Sì, potevo morire. Il medico me lo ripete ogni volta che mi vede: "Hai fatto bene a venire… hai fatto molto bene a venire…". Non ci si pensa spesso e sarà retorica anche solo scrivere questa banalissima frase nel mio "diario" ma che di banale, pensiamoci bene, non ha proprio nulla: oggi ci siamo… domani chi lo sa… bisogna vivere ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, come se fosse l’ultimo… Non voglio morire e pensare che nella mia vita non ho vissuto, non ho provato delle vere emozioni. Io voglio provare delle emozioni, voglio gioire e disperarmi, voglio piangere di felicità, voglio amare fino a straziarmi, voglio fare ciò che mi fa star bene. Voglio dire alle persone che amo che non posso vivere senza di loro. A cominciare da mia madre che, purtroppo, ho spesso, anche se involontariamente, maltrattato.
Vorrei chiedere scusa alle persone alla quali ho fatto dei torti. Ora comincia un processo di acquisizione di una consapevolezza nuova. Io mi voglio amare e voglio vivere. Voglio vivere e mi voglio amare.
Rabbrividisco al pensiero del mio messaggio in msn di qualche giorno fa: "Avete mai l’impressione di essere in procinto di morire?".
Stava per succedere. Farò in modo di non avere mai più questa sensazione. Quando si dice che gli animali (siamo animali, in fin dei conti, no?) prevedono la morte. Omen. Per me è iniziato un periodo di meditazione e spiritualità, un lungo cammino verso l’illuminazione.
Get onboard…


domenica 13 gennaio 2008
ore 6.05 p.m.

Sono passate poche ore da quando ho scritto l’ultima volta e il mio spirito, il mio stato d’animo, è cambiato in così poco tempo che non mi sembra nemmeno vero di aver scritto quelle cose solo questa mattina…
Mi chiedo a volte come l’umore possa variare così velocemente e con un’ampiezza così vasta…
Un paio d’ore fa ho cominciato a farmi le mie solite domande. Mi guardo intorno e vedo la gente felice. E io mi sento diversa. Mi sento come se la fortuna non sia mai stata dalla mia parte. E anche quando lo è stata, in quei rarissimi casi in cui mi ha teso la mano, io non ho saputo coglierla e ho perso delle occasioni importanti. Mi è stato detto di mettermi d’impegno, di non essere negativa, di cambiare quello che sento di dover cambiare della mia vita… E questo è vero, ma se fosse così facile lo avrei già fatto da un pezzo! Io non sono felice quando vedo tutto nero, non mi piace essere negativa perché questo mi fa soffrire, ma quando vedo che le cose, nonostante io ci metta tutto l’impegno possibile, vanno a rotoli, è difficile trovare lo stimolo giusto per vedere le cose con positività.
Sto attraversando una fase molto delicata della mia vita, una fase in cui sto accettando delle cose che per molto, moltissimo tempo non ho voluto o potuto accettare. Sto prendendo visione e coscienza di me stessa, di quello che ho dentro, delle scelte che ho fatto e delle conseguenze che queste scelte hanno irrimediabilmente causato a me stessa – in primis – e agli altri. Sto cercando di non pentirmi di queste mie scelte, di vedere il tutto come un cammino, una crescita verso la comprensione e il miglioramento di me stessa perché, come si suol dire, sbagliando s’impara… Non è giusto, credo, condannarsi per delle scelte sbagliate… Sto quindi cercando di non odiare me stessa per tutto il male che mi sono fatta…
Il fato ha, però, purtroppo voluto che il decimo giorno di questa mia "presa di coscienza" si concludesse con un ricovero in ospedale… Ho trascorso i primi 10 giorni del 2008 cercando il più possibile di non restare sola per non essere costretta a riflettere sulla mia vita e d’improvviso mi sono ritrovata a trascorrere la maggior parte della mia giornata in solitudine. Ovvio che i miei pensieri si sono materializzati e mi tormentano anche di notte. Non mi permettono nemmeno di dormire. Forse sarò più forte quando ne uscirò, ne uscirò vittoriosa… Perché si dice che gli eremiti trovano un punto d’equilibrio grazie alla meditazione. Ma ora non è così che mi sento e con tutta la buona volontà possibile non riesco a vedere la luce… Non ora. Magari domani sarà diverso. A pensieri si aggiungono altri pensieri e questa strada sembra non aver fine…
Certo, un po’ di sole e una passeggiata in giardino aiuterebbero…


lunedì 14 gennaio 2008
ore 10.12 a.m.
Oggi c’è il sole. Qualcuno ha ascoltato le mie preghiere.
Non è quella che si potrebbe definire "una splendida giornata" ma almeno ne ha una parvenza.
Ho anche lavato i capelli. Ci ho messo mezz’ora e ho inondato il bagno per fare attenzione a non muovere troppo il polso dove ho l’ago per le iniezioni e per fare in modo che non si bagnasse anche se, per evitare questa possibilità, ho pensato bene di mettere un guanto di lattice e di sigillarlo con dello scotch…
Ora mi sento molto meglio.
Credo che una delle prime cose che farò, una volta tornata alla normalità, sarà andare dal parrucchiere e cambiare qualcosa di me stessa, del mio aspetto attuale… Dicono che per una donna fare una cosa di questo tipo significa dare un bel taglio netto col passato e al momento è proprio quello che mi serve.
Questa mattina è passato il Primario insieme agli altri due medici che mi avevano già visitata negli scorsi giorni e ha detto che va tutto bene per ora, che sarò operata verso giugno perché prima devo "guarire" del tutto…
Nessun accenno al periodo di ricovero ospedaliero e nemmeno ai tempi di recupero…
Pensieri: non potrò prendere nessun aereo quindi saltano i miei piani riguardo al mitico viaggio a Liverpool e Manchester. E nemmeno Parigi, che era la "seconda scelta". Saltano i miei piani relax alle terme… Non fa bene l’alta temperatura per chi ha il mio problema. Salta tutto insomma… Spero almeno di potermi prendere un paio di giorni e trovare qualcuno che venga con me a Firenze perché è da molto che non ci vado e vorrei rivedere delle cose. Lì ci si può andare in macchina o in treno… Oppure un breve viaggio al nord, a Bolzano ad esempio…
In questo momento sono "su": non vedo l’ora di uscire di qui per rimettermi completamente in sesto. Voglio muovermi e stare in forma, voglio mettere via dei soldi per comprare casa, voglio andare in giro per agenzie e a visionare appartamenti perché non vedo l’ora che la mia vita prenda una piega diversa… Mi sto sforzando con tutta me stessa per fare in modo che i miei "momenti sì" superino di gran lunga quelli "no". Adesso sento che ce la posso fare. Spero di restare così almeno per tutta la giornata perché sono davvero stanca di piangere e stare male… Gli sbalzi d’umore non mi fanno bene.
Ah, questa notte non ho dormito… Incubi di ogni genere. La cosa più brutta è stata che nemmeno da sveglia sono stata in grado di distinguere il sogno dalla realtà. Nemmeno ora sono in grado di farlo però mi convinco che fosse un sogno per l’assurdità della cosa sognata: non può essere realtà! Ma è stato terribile, troppo realistico… così tanto da mettermi spavento.
Ora torno alla mia musica e alle mie passeggiate per tutto l’ospedale…
La Suora dice che sono dimagrita… Due sono le cose: o è una tattica per conquistarmi (è quella con cui ho… diciamo… avuto una "piccola" discussione) oppure è vero.
Preferisco credere che sia la seconda.
Lei dice che il "relax" fa dimagrire… Relax?????? Ma se dormo sì e no 5 ore per notte????? Mah… sarà…

martedì 15 gennaio 2008
ore 3.55 p.m.
Dopo 5 giorni di reclusione, quasi 120 ore di ‘aria viziata’, sono uscita in giardino…
Aria pura!
Profumo di fiori freschi!
Mentre Aretha cantava: ‘cos you make me feel, you make me feel, you make me feel like a natural woman…


COSE DA FARE QUANDO VERRO’ DIMESSA:
  • Iscrivermi ad Acquagym (ah no cazzo, non posso fare sport per due mesi…)
  • Ricominciare la dieta del dott. Goldin (Sant’uomo!!!)
  • Camminare, camminare, camminare!
  • Mandare Curricula a rafficaaaaaa
  • Chiamare e prendere appuntamento per visionare una serie di appartamenti in vendita
  • Chiamare e prendere appuntamento con varie banche per discutere della possibilità di chiedere un mutuo
  • Andare dal parrucchiere
  • Andare dall’estetista
  • Andare dal dentista
  • Passare al Centro Evangelico di Mestre
  • studiare seriamente per i prossimi esami:
    Accompagnatrice Turistica
    Esame di Ammissione al Master di Traduzione Letteraria dall’Inglese all’Italiano
  • Fare solo ed unicamente ciò che ho voglia di fare
  • Vedere solo ed unicamente le persone che ho voglia di vedere
  • Trovare del tempo per me, in particolare per la mia salute fisica e mentale, anche se questo può voler dire mettere da parte alcune cose per me importanti

giovedì 17 gennaio 2008
ore 11.30 a.m.
Eccomi qui, torno a scrivere dopo un paio di giorni di silenzio. Sembrerà strano ma ieri non ho avuto tempo di scrivere! Nonostante la mia giornata inizi alle 5.30 del mattino e termini, generalmente, tra le 22.00 e le 23.00, ho avuto molte cose da fare… Non ci credo neppure io! Persino in ospedale le giornate dovrebbero essere di almeno 48 ore!!!
Questa mattina ho avuto una bella notizia: sabato mattina sarò dimessa. Finalmente lascio questo posto di agonia e riflessione. Troppa riflessione.
Poi me ne starò a casa da lavoro per almeno un’altra settimana - dieci giorni. Non posso fare alcuno sport per almeno due mesi, nemmeno la bicicletta. Posso solo camminare… Spero proprio che il tempo migliori in questi giorni, così potrò almeno godermi il sole nelle mie passeggiate che saranno, spesso, solitarie!
Chissà, magari questo posto mi mancherà anche…
Forse…


venerdì 18 gennaio 2008
ore 15.35 p.m.
Eccoci qua. Alla resa dei conti…
Domani mi dimettono.
Ma… Sono davvero pronta a tornare alla vita normale?
Un amico importante, che in questi giorni è stato forse la presenza più importante in assoluto per me, che è stato in grado di starmi vicino proprio come avrei voluto, mi ha detto proprio ieri: "mentre tu sei qui dentro, là fuori il mondo continua a girare…". Questa frase mi ha fatto riflettere molto questa notte. Ho pensato che in questo Ospedale, causa e, al tempo stesso, testimone della mia agonia, in fin dei conti mi sento protetta. Non solo qui sono controllata a vista dai medici che seguono passo passo il mio stato di salute (e di conseguenza qui dentro è difficile che mi possa succedere qualcosa, che la mia situazione possa, in qualche modo, complicarsi); in aggiunta qui dentro non sono "esposta" al mondo esterno e quindi agli avvenimenti e alle situazioni che si creano attorno a me e tantomeno alle persone che vivono intorno a me, se non per "sentito dire". In questi giorni di reclusione forzata, sebbene abbia riflettuto molto su me stessa, sui miei rapporti con le cose e con le persone, su quello che sono e che vorrei essere (e chi più ne ha più ne metta), ho potuto in qualche modo "lasciar fuori" le problematiche quotidiane: non so come spiegarmi ma in questi 9 giorni è come se per me il tempo si fosse fermato ed ora, sebbene sia contenta di uscire finalmente da questo posto, mi sento molto spaventata e intimorita dall’idea di dover "ricominciare a vivere"… Non sono molto sicura di voler ricominciare a vedere il mondo girare… Poiché non lo posso controllare, gira senza chiedere il mio permesso o la mia opinione e, di conseguenza, mi sento terrorizzata da questa consapevolezza. E’ come se qua dentro, tra un’iniezione e l’altra, tra un lamento di una povera vecchietta e i momenti trascorsi a vedere quegli angioletti appena nati, avessi raggiunto una sorta di equilibrio con me stessa che ora ho tremendamente paura di perdere.
Le mie paure sono fondamentalmente due:
Ho paura che, al di fuori di questo contesto, mi possa capitare qualcosa di brutto. In sostanza ho paura di morire. Dio me l’ha passata una volta, la prossima potrebbe non essere così clemente. Poi però penso che se fosse la mia ora non mi potrei opporre e quindi mi tranquillizzo… Essere fatalisti a volte aiuta.
Ho paura di non essere in grado di affrontare quello che mi aspetta nei prossimi mesi: si parla di grossi cambiamenti nella mia vita, di improvvise cadute di vecchie certezze, di scelte importanti da prendere… Sono abbastanza forte per questo? In questo momento non mi sembra. Sono pronta a prendere delle decisioni? O meglio: sono pronta a guardarmi dentro e capire quello che veramente voglio da me stessa e dagli altri?
Il 2008 è iniziato in un modo che non mi sarei mai aspettata: ho preso la mia vita in mano dopo tanto tempo e ho preso delle decisioni importanti. Era da tanto tempo che non mi sentivo così forte e questo mi ha sicuramente fatto bene, mi ha fatto ritrovare un po’ dell’amore verso me stessa che in questi anni avevo perso. Ma ora, sono pronta a prendere altre decisioni importanti? Ho paura di non esserlo. Ho paura di avere usato troppa forza della mia riserva e di non averne abbastanza per poter affrontare altre situazioni difficili. E se non fossi pronta le mie decisioni potrebbero essere quelle sbagliate. E se prendessi delle decisioni importanti e fossero davvero quelle sbagliate? Cosa succederebbe?
Lo so, il mio problema è che penso troppo. Sarà una cosa banale ma è così. Penso troppo. Il cervello si surriscalda e questo non mi permette di essere obiettiva e di prendere delle decisioni ponderate.
Il mio più grande proposito per il nuovo anno (un po’ in ritardo… ma meglio tardi che mai) è: avere fiducia nelle mie capacità e nella mia forza interiore, nelle proprietà curative del tempo e in Dio.
Sembra poco ma potrebbe essere tutto.


(quella volta, di ritorno dall’Erasmus, Ary ha ben pensato di "rubare" un quadro appeso nel nostro corridoio, di portarselo a casa e di appenderlo in camera come ricordo della nostra esperienza… Io non posso farlo, quindi non mi resta che riportare questa frase qui per non rischiare di dimenticarla…)
"Semina la gioia e la vedrai fiorire nel tuo giardino"

E come dicevano i miei uomini da Liverpool…
IT’S GETTIN’ BETTER ALL THE TIME…

lunedì, gennaio 07, 2008

Domenica pomeriggio tra amiche



Ne manca una, quella con Giulia, che non è stata fatta purtroppo :-(



Irina Palm

Non capita spesso di iniziare con un'avvertenza di questo genere, ma il contenuto di questa recensione è destinata ad un pubblico adulto, quindi se siete minorenni o particolarmente sensibili si raccomanda di passare al commento di altri film. Fatta questa doverosa precisazione chi è rimasto capirà la ragione qui di seguito e anche perché Irina Palm sia un prodotto assolutamente da visionare.Il nipote di Maggie è gravemente malato e ha bisogno di cure molto costose. I suoi genitori e la stessa Maggie non guadagnano abbastanza e non hanno aiuto dallo stato né prestiti dalle banche. La signora di mezza età del resto ha serie difficoltà a trovare lavoro, finché non capita in un locale sexy. Ovviamente la donna è troppo attempata per esibirsi, ma ha come si dice in gergo le "mani d'oro". Così si mette in una cabina speciale in cui l'unico contatto tra "cliente" e "professionista" avviene attraverso un buco nel muro nell'anonimato più totale, attraverso il quale Maggie provvede alle "esigenze" di chi si trova dall'altra parte con la propria "manualità". Il senso di tutte queste virgolette sarà chiaro leggendo la frase tratta dal film poco più sotto. Così la donna diventa famosa nel giro e assume il nome d'arte di Irina Palm, per l'appunto.Probabilmente solo gli inglesi sono in grado di affrontare argomenti scabrosi con una grazia ed una leggerezza senza rivali nella cinematografia mondiale. Nonostante il tema sia, come si può ben capire, assolutamente esplicito non c'è un solo momento in cui situazioni o immagini siano davvero volgari, perché sono anzi sempre improntate ad un divertito imbarazzo. Sarebbe un errore guardare questo film o le "attività" della protagonista con atteggiamento censorio, tanto più che questo mestiere viene praticato per amore del nipote. Tante volte si dice che le madri sarebbero disposte a qualunque cosa per i figli. Perché la stessa cosa non dovrebbe essere vera anche per le nonne? E c'è un limite morale a questo "qualunque cosa" di cui si parla? Questi sono i temi di Irina Palm, e il regista si mantiene in un difficile equilibrio senza mai scadere nella banalizzazione, nella lacrima facile o nella grossolanità.Irina Palm è un film spassoso, in grado di regalare molte risate, ma anche diversi momenti di autentica commozione ed una bella rivincita sulla mentalità ristretta di una comunità bigotta ma certamente non virtuosa. In conclusione abbiamo un finale senza sbavature, con una chiusura concisa ed essenziale, cosa che accade davvero di rado.


La frase:- "Sai cos'è un eufemismo?"- "No"- "Neanch'io. Me l'ha detto il mio avvocato"



Mauro Corso



Titolo originale: Irina Palm
Nazione: Belgio, Lussemburgo, Gran Bretagna, Germania, Francia
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 103'
Regia: Sam Garbarski
Sito ufficiale:
www.irinapalm-themovie.com
Sito italiano: www.teodorafilm.com/film/irina_palm
Cast: Marianne Faithfull, Miki Manojlovic, Kevin Bishop, Siobhan Hewlett, Corey Burke, Dorka Gryllus, Steve Kingett, Tim Plester
Produzione: Entre Chien et Loup, Ipso Facto, Liaison Cinématographique, Pallas Film, Samsa Film S.a.r.l.
Distribuzione:
Teodora Film
Data di uscita: Berlino 200706 Dicembre 2007 (cinema)

sabato, gennaio 05, 2008

giovedì, gennaio 03, 2008

Cuore e Cervello

Nella mia vita ho sempre pensato che bisognasse tenere il cervello sempre attivo. Il cervello è l'unico organo di fondamentale importanza. E' necessario per la SOPRAVVIVENZA.
Poi ho smesso di usarlo. O per lo meno l'ho posizionato in seconda linea e il cuore ha fatto un sorpasso azzardato e non del tutto ben riuscito. Nel senso che quando questo accade sei ancora in grado di riconoscere il bene dal male, perchè il cervello non ha mai realmente smesso di funzionare. Ma semplicemente te ne freghi e pensi che l'importante sia godersi i momenti, viverli per quello che sono. Se non sono abbastanza cerchi di farteli comunque bastare. E questo va bene. Ma solo fino ad un certo punto.
A volte si è costretti a "farsi violenza" e a tornare ad usare quell'organo che per molto tempo hai messo da parte. E quando ricominci ad usarlo lui non è più abituato e ancora meno lo è il cuore che non vorrebbe di nuovo essere relegato in seconda posizione. Invece lo fai, perché sai che è l'unico modo per "guarire", l'unico modo per farti vedere la realtà per com'è e non per come te la sei immaginata tu. Ti rendi finalmente conto che non vuoi e non puoi acontentarti, perché ogni essere umano ha il diritto di essere felice. E io no??? Certo che sì. E nonostante tutta la merda che sparo su me stessa mi rendo conto che in fin dei conti io mi amo veramente, mi voglio bene, ho rispetto di me stessa e mi devo qualcosa. Mi devo serenità e felicità, mi devo almeno la possibilità di ricercare queste due sensazioni. Me ne sto rendendo conto in questi giorni. Quando pensi di non farcela perché sei sola, ma alla fine ti rendi conto che non lo sei per niente e che se i tuoi amici, quelli veri, ti vogliono bene, forse qualcosa da dare ce l'hai. Forse ti sei sempre ostinata a "dare" alle persone sbagliate.

La regola del Carpe Diem è una grande lezione di vita, ma a volte, per se stessi, è importante saper riconoscere quando devi ricominciare a ragionare e a pensare di valere di più di quello che alcune persone purtroppo ti fanno credere.

Questo post vuole fungere da ringraziamento alle persone che mi amano e mi capiscono. Che mi stanno vicine e che mi vogliono vedere felice.

E un grazie di esistere alla mia nipotina che è un Miracolo del Signore.


martedì, gennaio 01, 2008

Trasformazioni radicali

  • Non voglio portare rancore a nessuno, perché il rancore provoca dolore, un dolore interno che si trasforma in rabbia che ti logora il fegato...
  • Non voglio odiare.
  • Non voglio essere tormentata dai fantasmi.
  • Non voglio provare ansia.
  • Non voglio più pensare di potermi fare del male.
  • Non voglio che nessuno provi pietà per me. Dopotutto sono responsabile delle mia azioni. Sono fautrice del mio "meraviglioso " destino.
  • Non voglio chiedere l'elemosina a nessuno.

Inutile dire che vorrei amare ed essere amata perché chi, d'altronde, non vuole proprio questo???

Qui chiudo un capitolo che voglio ricordare come il più bello e allo stesso tempo il più brutto della mia vita. Perché non è bello soffrire, ma è bello provare delle emozioni.

L'oroscopo cosa diceva??? Trasforzazioni radicali nella quotidianità.

Beh forse è vero. Perché da oggi cambia tutto.

Cambio IO.

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We Can Work It Out

Try to see it my way,
Do I have to keep on talking till I can't go on?
While you see it your way,
Run the risk of knowing that our love may soon be gone.
We can work it out,
We can work it out.
Think of what you're saying.
You can get it wrong and still you think that it's all right.
Think of what I'm saying,
We can work it out and get it straight, or say good night.
We can work it out,
We can work it out.
Life is very short, and there's no time
For fussing and fighting, my friend.
I have always thought that it's a crime,
So I will ask you once again.
Try to see it my way,
Only time will tell if I am right or I am wrong.
While you see it your way
There's a chance that we might fall apart before too long.
We can work it out,
We can work it out.
Life is very short, and there's no time
For fussing and fighting, my friend.
I have always thought that it's a crime,
So I will ask you once again.
Try to see it my way,
Only time will tell if I am right or I am wrong.
While you see it your way
There's a chance that we might fall apart before too long.
We can work it out,
We can work it out.
-The Beatles-