[...] Non possiamo conoscere noi stessi se non confrontandoci con gli altri.
La strategia corretta sarebbe quella di rinunciare alle mete troppo alte quando le nostre forze o le nostre capacità non ci sembrano sufficienti o adeguate. "La rinuncia non è una sconfitta, bensì misura, atto di ragione." Ma come si fa a riconoscere i propri limiti in una società come la nostra che spinge continuamente a oltrepassare i limiti e ci riconosce solo se riusciamo a farlo?
"Dove realmente l'eguaglianza è penetrata ed è durevolmente fondata, nasce quell'inclinazione, considerata in complesso immorale, che nello stato di natura sarebbe difficilmente comprensibile: l'invidia. L'invidioso, quando avverte ogni innalzamento sociale di un altro al di sopra della misura comune, lo vuole riabbassare fino ad essa .[...] Egli pretende che quell'uguaglianza che l'uomo riconosce, venga poi anche riconosciuta dalla natura e del caso. E per ciò si adira che agli uguali le cose non vadano in modo uguale." F. Nietzsche. Da Umano troppo umano. Un libro per spiriti liberi.
Lo Stato moderno, infatti, nasce all'insegna dell'uguaglianza in base alla comune cittadinanza. Questo riconocimento ha influito sulla mentalità corrente degli uomini sempre meno diposti a riconoscere il merito degli altri e ad approvare il successo come conseguenza del merito.
In questo modo il sentimento di uguaglianza, uns entimento nobile e ormai condiviso in tutte le società civili, paradossalmente ha moltiplicato le ragioni dell'invidia, fino a intaccare e a modificare il concetto di giustizia.
Da I Vizi Capitali e i Nuovi Vizi
Umberto Galimberti
2 commenti:
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